Corsi e ricorsi di Pianoforte

Studiare pianoforte, individuare il metodo di studio, individuare l’insegnamento corretto.

Studiare tecnica dell’improvvisazione, apprendere l’arte della creatività, intraprendere un percorso stimolante e pragmatico, che tenga viva la curiosità e che desti un interesse costante, dati gli argomenti e dato il modo di proporli e di esporli.

Siamo abituati che ogni volta che ci si accosta allo studio del pianoforte ci si debba necessariamente confrontare con anni di noiose metodologie vetuste finalizzate all’apprendimento della prassi esecutiva accademica. 

Il problema di fondo è che la maggior parte degli insegnanti tradizionali non hanno le competenze necessarie per insegnare l’arte della creatività e la tecnica dell’improvvisazione.

Ciò che trasmettono altro non è se non ciò che hanno essi stessi appreso, ovvero l’apprendimento della prassi esecutiva.

Tutto ciò relega ad una sola competenza: l’ottimizzazione della partitura, ovvero la perpetua sudditanza all’autore del testo musicale.

Ci si illude che in un futuro sarà possibile travalicare questo tipo di competenza, approdando felicemente nelle lande della creatività musicale, ma si tratta di una speranza vana, se ci si limiterà a questa tipologia di percorso di studi.

Da un certo punto in avanti nell’esperienza propedeutica occidentale la trasmissione delle competenze si è cristallizzata nell’assoluto ed esclusivo ossequio alla parte scritta, inibendo di fatto l’apprendimento della libertà esecutiva.

In oriente da sempre la propedeutica musicale endemica, non legata al repertorio europeo, prevede un approccio antifonale tra docente e discente, nell’ottica di stimolare le capacità imitative dell’allievo. L’insegnante propone il frammento musicale e l’allievo s’industria ad imitarlo. La prassi si ripete sino a che lo studente non cesella adeguatamente la frase proposta. Tutto senza l’ausilio – o l’impedimento – della parte scritta.

Nello studio della tecnica dell’improvvisazione di matrice jazzistica afroamericana si opta per un approccio simile, tant’è che le matrici africane, legate a doppio filo alla trasmissione orale, in questo modo fanno capolino anche in occidente, vivificando la nostra propedeutica di nuova linfa vitale.

Da anni ormai gli accademici hanno rizzato le orecchie nella direzione di queste metodologie, non a caso oggi è annoverato lo studio della musica jazz nei conservatori di tutta Europa, per tacere degli Stati Uniti d’America, tradizionalmente e storicamente avvezzi a tale abitudine.

Ci si potrà interrogare sull’effettiva congruità dello studio della musica jazz nel nostro Paese, nei termini dell’effettiva vicinanza storico-stilistica con la musica afroamericana ma ogni dubbio scompare nel momento in cui ci si rende conto che buona parte delle matrici jazzistiche si originano grazie all’intervento di una grande parte di musicisti italiani oriundi, per tacere della tradizione bandistica siciliana che tanta parte ebbe nello sviluppo delle fanfare di New Orleans confluite nelle big bands americane.

Al di là di ciò, la prospettiva odierna del villaggio globale ci esorta al confronto con tutto ciò che ci stimola all’apprendimento e tocca le nostre corde emotive più profonde.

Le informazioni corrono veloci e la presenza dei contenuti in rete è una realtà sociale di portata storica che non può essere ignorata e che, di conseguenza, restituisce coerenza ad ogni nostra scelta, tant’è che il futuro che ci attende tende all’unificazione planetaria.

Suonare uno strumento oggi, suonare il pianoforte oggi coincide con la totale apertura mentale ed una visione ad angolo giro, se ci si vuole immergere in un’esperienza esistenziale felice ed appagante.

 

 

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